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Attualità/Italia

Il punto di Alberto Orioli su Morning 24 - Il lavoro che c’è. E quello che ancora manca.



Un paese con un tasso di disoccupazione al 7,5% come è l’Italia non è messo male perché in Europa la media è al 6,5 per cento. In teoria però. Perché conta di più il tasso di quanti effettivamente lavorano e qui - ci avverte l’Istat - l’Italia mette in campo un 61,8% contro una media europea al 75%, dove 11 Paesi registrano tassi superiori al 78 per cento.

Il dato segna comunque una crescita, e quel 61% è un record. E segna anche quanto l’Italia debba fare ancora sul versante delle politiche attive del lavoro e sulle differenze di genere, perché sullo sfondo resta il problema del mismatch, la distanza crescente tra il lavoro che ci sarebbe e i lavoratori non in grado di svolgerlo per mancanza di competenze.

In un anno, tuttavia, rispetto al novembre del 2022, gli occupati sono saliti di più di mezzo milione di unità; le persone in cerca di lavoro sono diminuite di 71mila unità; e quelle che alimentano l’esercito della sfiducia, vale a dire i cosiddetti inattivi, in un anno sono scesi di 459mila unità. Un ottimo risultato.

Suona però un campanello d’allarme: nel novembre scorso, in un mese, proprio gli inattivi sono di nuovo aumentati. Dello 0,1%, vale a dire 48mila unità, ma poiché sono solo giovani sotto i 35 anni è un fenomeno da tenere d’occhio.

Nella speranza, naturalmente, che sia solo una distorsione statistica, e non l’inizio di un nuovo trend che dovrebbe allora preoccuparci.


(Fonte: Il Sole24Ore - Morning 24)

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